Adarve..., n.º 1 (2006)                                                                                                                               Pág. 10

Una iena nel Parnaso.

Critica e poesia in Tratado sobre los buitres  di Niall Binns

Marco CIPOLLONI

(Università di Modena e Reggio Emilia)

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      Le poesie di Tratado sobre los buitres di Niall Binns (premio Celaya 2002) possono essere lette in molti modi: in dialogo con la tradizione classica, con la scienza, con la prosa saggistica, con l’estetica della crudeltà, con la poesia di lingua inglese e con alcune correnti della poesia e della prosa breve ispanoamericane. Tutte strade criticamente promettenti e più che legittime, anche se nessuna di esse segue il percorso che, in questo caso, mi piacerebbe seguire. Al repertorio delle fonti di ispirazione possibili, oltre a quelle esibite dallo stesso Binns (attraverso esplicite citazioni erudite) e/o messe in luce da letture critiche attente come quelle di Arantza Fernandez [1] (Ted Huges) e Selena Millares [2] (Parra, Girondo, Catullo, Aristofane), si potrebbe aggiungere Dylan Thomas (di cui Binns ha tradotto versi in castigliano) e, rischiando un po’ di più, alcuni versi dell’ultimo Montale, alcuni racconti di Cortázar e un bel po’ di cinema (per esempio i videodocumentari sugli animali, l’estetica della fame di Glauber Rocha, Buñuel, le collaborazioni di Ferreri e Azcona e, con buona probabilità, anche un po’ della beffarda irriverenza dei Monty Python). Su un piano diverso, qualche peso potrebbe anche averlo avuto il calcio e, in particolare, l’icona madrilista del calciatore Butragueño, talentuoso attaccante di rapina dei merengues degli anni Ottanta e Novanta, soprannominato “El Buitre”.

      Più che il repertorio delle fonti, conta però l’uso che se ne fa. In questo la riflessione di Binns sulle “aves carroñeras” e la loro indifferente amoralità ha una chiara valenza metaforica e si colloca agli antipodi delle riflessioni di Ortega i Gasset sulla caccia e gli uccelli migratori. Nella vita dei buitres di Binns non ci sono epos e agonismo, ma calcolo ed agonia. Le loro parassitarie imprese non sono specchio della “disumanizzazione dell’arte” (cioè del radicalismo delle avanguardie), ma di quella della vita, il cui ciclo, spietato, non risparmia neppure gli uomini. Se le avanguardie (lo ha scritto Enzensberger) applicano al tempo, invece che allo spazio, la logica del manipolo militare (la “minoría selecta” di Ortega) che precede il grosso dell’esercito e vede per primo ciò di cui gli altri soldati saranno informati soltanto poi, i buitres sono l’antiavanguardia: vengono addirittura dopo la retroguardia e dopo lo scontro. Pregustando il banchetto, guardano con grande interesse alle vicende belliche e

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