Adarve..., n.º 1 (2006)                                                                                                                               Pág. 13

Marco CIPOLLONI

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il paradosso: il debito che Robespierre e il giustizialismo giacobino, entrando nella storia per fare pulizia, contraggono con il collo di Luigi Capeto, poggiato sul ceppo della ghigliottina. Senza poesia, non ci sarebbe critica. Senza carogne, le jene morirebbero di fame. Senza spazzatura, gli spazzini perderebbero il lavoro. Senza tortura, gli squadroni della morte dovrebbero dedicarsi al giardinaggio. Per loro fortuna (o, come ci ricorda il poscritto di Enzensberger, purtroppo) “la guerrà è matrice di tutto”, la macchina della morte non si ferma mai e le sue putrescenti implicaziuoni non passano mai di moda. In alcuni momenti (in base alla cronologia proposta da Binns in Los hombres y los buitres, ininterrottamente dal “6200 a.C.” al “2000 después de J.C.”) l’abbondanza dei cadaveri è tale che gli avvoltoi finiscono per assumere il ruolo di una benedizione ed essere riconosciuti come “pájaros divinos”, gradini necessari della scala della perfezione, mediatori quasi santi della purificazione dell’aria. Il loro alito cattivo rende il vento della storia respirabile. Fanno, senza bisogno di chiederglielo, ciò che ci piace credere che non faremmo mai.

 

 

Notas

 

1.    Nella recensione a Tratado sobre los buitres, pubblicata in “Luke”, 41, luglio agosto 2003.

2.    Nota di presentazione a Binns, nell’antologia curata da Basilio Rodríguez Cañada, Milenio. Ultimísima poesía española, Madrid, Celeste / Sial, 1999. Selena Millares è collega di Binns (e mia), in quanto docente di Letteratura ispanoamericana alla Autónoma di Madrid.